Presa di Turbigo
Gli Avvenimenti
PRESA DI TURBIGO
Respinta la cavalleria, scongiurato il pericolo e preso atto che era impossibile raggiungere in giornata Milano, Napoleone e Berthier, tornarono nelle retrovie, mentre Murat rimane in prima linea a dirigere le operazioni di sbarco e coordinare il soccorso ai feriti. Ora, andava necessariamente consolidata la testa di ponte, che in sostanza voleva dire, conquistare intatto il ponte sul Naviglio all’ingresso del centro abitato di Turbigo e il villaggio stesso. Ad impedire che questo avvenisse, c’erano più di 5000 soldati austriaci che avevano occupato ogni casa e punto strategico del villaggio di Turbigo. Il comandante Girard, raggruppa tutti gli uomini a disposizione, per la maggior parte facenti parte della 70e e 72e demi-brigate, ma anche elementi di altre unità che alla rinfusa, nel frattempo erano sbarcate sulle rive lombarde del Ticino. Tra loro c’è anche il giovane cittadino Morin, uno degli aiutanti di campo del generale Dupont. Questo giovane, aveva lasciato Novara alle prime luci dell’alba per ordine dello stesso primo console, per andare ad eseguire una ricognizione su Casale, venendo poi a contatto con il nemico. Subito dopo aver fatto rapporto, senza riposare, volle immediatamente unirsi alle truppe lungo il Ticino e proprio ora approdava sulla sponda Lombarda. Si ritrovava così, insieme ai primi soldati francesi che per la seconda volta quel giorno devono attaccare il ponte sul Naviglio. Lo fanno avvalendosi anche dell’aiuto di qualche pezzo di artiglieria fortunosamente portato al di qua del fiume. Gli austriaci oppongono una forte resistenza, le loro posizioni di vantaggio gli permettono di eseguire un micidiale fuoco di fucileria sulle file francesi. L’azione risolutiva sarà realizzata proprio dal giovane cittadino Morin[8], il primo a passare con coraggio il ponte ed arrivare nel centro abitato. Durante questa azione, viene ferito gravemente al braccio. Per la sua impresa riceverà una promozione a capo squadrone di cavalleria, promozione attribuita quello stesso giorno da Bonaparte in persona. Il ponte torna in mani francesi ma non lo rimarrà a lungo. I soldati francesi che presiedono il ponte e la dogana austroungarica posta accanto (entrambi ancora oggi esistenti), sono in numero insufficiente per garantire una difesa efficace a lungo termine. Occorre che Murat faccia sbarcare il più alto numero di truppe possibile nel più breve tempo possibile. Ma per farlo in tranquillità occorre tenere il nemico lontano dalle rive del Ticino. Murat chiede un ulteriore sacrificio a Girard e ai suoi soldati. Il contrattacco austriaco è però estremamente violento, il ponte seppur barricato, non può essere tenuto. Girard ordina il ritiro dal ponte su posizioni più favorevoli alla difesa che, ancora una volta, prevedono come protezione alle spalle dei soldati francesi un altro canale di irrigazione (ancora oggi esistente) distante solo poche centinaia di metri dal ponte stesso, sempre sulla strada “al porto di Turbigo”. Gli austriaci attaccano, lo fanno anche con la cavalleria, ma tutti i loro tentativi si infrangono sulle baionette degli uomini di Girard, che come dirà successivamente “Le Moniteur”[9], quel giorno si coprì di gloria. Dopo svariate ore di resistenza e mantenimento della posizione, finalmente verso sera, arrivarono a rinforzo le unità sotto il diretto comando del generale Monnier. Murat ordinò a quest’ultimo di conquistare alla baionetta il ponte di Turbigo che fu preso per la terza e definitiva volta dai francesi alle sei di sera. Murat, con reparti di cavalleria leggera, si dirige, lungo l’alzaia naviglio (strada che scorre lateralmente al canale stesso) verso Boffalora, con l’intento di riunirsi con gli uomini dell 19e di Duhesme. Arrivano anche le unità al completo del generale Schilt, che completano l’accerchiamento del centro abitato di Turbigo. Alle otto di sera tocca al comandante cisalpino (italiano) Domenico Pino (un milanese), portare l’ultimo attacco al cuore del centro abitato di Turbigo. Gli austriaci non si arrendono solo verso le dieci di sera la testa di ponte può definirsi consolidata. I rastrellamenti e gli scontri continuarono per tutta la notte. Solo alle prime luci dell’alba Turbigo poteva ritenersi definitivamente in mano francese. Il comandante austriaco Vukassovich cade in un imboscata francese durante la ritirata lungo l’alzaia naviglio che causa centinaia di morti tra le file dei suoi soldati.